Negli strumenti riconducibili a questa tipologia sono ben identificabili caratteristiche costruttive che li distinguono dagli altri modelli diffusi in Italia durante il Settecento.
Le corde sono organizzate in sei cori, il cavigliere presenta piroli perpendicolari al piano, i tasti sono in metallo, il piano armonico è piegato a caldo in prossimità del ponte, il guscio è formato solitamente da 9 o 13 doghe, la giunzione con il manico avviene in corrispondenza del nono tasto, in alcuni casi al settimo o all’ottavo; al fondo le corde sono ancorate grazie a bottoncini infissi al nelle controfasce e la lunghezza della corda vibrante è compresa indicativamente tra 29 e 31 centimetri. Alcuni strumenti sono finemente intarsiati e impreziositi con decori in madreperla e avorio sulla tavola e sulla paletta, mentre quasi tutti montano una rosetta a imbuto in pergamena colorata, talvolta andata perduta per via della sua fragilità; il battipenna con la tipica forma a parallelogramma è sempre presente, realizzato in tartaruga o legno scuro. Le corde utilizzate erano probabilmente in budello e alcuni strumenti sono provvisti di anelli al fondo e sulla paletta per fissare una tracolla .
Sfortunatamente nei mandolini di questo tipo non viene specificato esplicitamente il nome del costruttore con un’etichetta. In molti casi, però, sono presenti marchi a fuoco sulla controfascia o dietro il cavigliere che possono suggerire alcuni nomi di liutai attivi a Genova nel Settecento. Dei fabbricanti di strumenti Giuseppe Graziani e Agostino Delle Piane sono giunti a noi anche violini che portano la loro firma, ma il maggior numero di mandolini esaminati è riconducibile a Cristiano Nonnemacker (1703-dopo il 1766), che probabilmente ne cominciò la realizzazione prima degli altri. In base alle informazioni relative a questi liutai genovesi è possibile ipotizzare l’inizio della produzione intorno alla metà del XVIII secolo. Successivamente, tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento, fu il modello napoletano ad avere la meglio sulle altre tipologie diffuse in Italia. A testimonianza di questo passaggio si trovano diversi mandolini sui quali sono visibili i segni delle modifiche per ridurre il numero delle corde da sei a quattro cori.
Per saperne di più potete leggere l’articolo sul metodo manoscritto per mandolino genovese o il post sul blog delle American Musical Instrument Society o gli ultimi articoli disponibili su Academia:
Il mandolino alla genovese, marchi a fuoco e strumenti superstiti – Federico Filippi Prévost de Bord, Il Paganini, n.6 2020, pp.26-37:
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La Scola del Leutino, o sia Mandolino alla Genovese – Federico Filippi Prévost de Bord, Il Paganini, n.5 2019, pp.50-64:
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